Mi ascolti?
Parlare è un bisogno, ascoltare è un’arte, dice Goethe. Io adoro questa frase.
“Mia mamma non mi ascolta”, “mio padre non mi ascolta”, “la mia famiglia non mi ascolta”: quante volte l’hai sentito dire dai giovani, dagli adolescenti, dai tuoi figli? 🤔🤔🤔
Io spessissimo in consulenza con gli adolescenti, diciamo che è la loro lamentela preferita. E non hanno tutti i torti.
Mica roba da poco. L’ascolto è un ingrediente fondamentale della comunicazione. È come il lievito nella ciambella. È un’abilità essenziale per avere buone relazioni. Anche perché prima di parlare è necessario ascoltare.
L’ascolto è una “cortesia” (quanto mi piace questa parola!): è una cortesia nei confronti degli altri ma anche nei propri confronti, è una cortesia che ognuno fa a se stesso.
Mi piacerebbe tantissimo che a scuola venisse insegnato l’ascolto, un’ora alla settimana “allenamento all’ascolto”: il martedì (o il giovedì, o il venerdì…) dalle 10 alle 11, per esempio. Oppure che ci fosse la giornata dell’ascolto. Un genitore a disposizione per un giorno intero ad ascoltare.
Tuttavia ascoltare non vuole dire stare zitti, con la bocca chiusa e la faccia annoiata, no no, è mooolto, ma mooolto, più impegnativo. È un processo attivo che richiede grande partecipazione.
Un buon ascolto crea le basi per entrare in rapporto con qualcuno, cioè vuol dire semplicemente entrare in sintonia. È una danza. È facile: è quel fantastico feeling che tu hai con le persone, soprattutto con tua figlia o tuo figlio. Certo, quando sono piccoli è tutto più semplice. O quando vengono a casa e ti portano dei bei voti, e si è tutti felici e contenti. È, però, quando sorgono dei problemi che tutto si fa più complicato, ci si ritrova in una casa piena di silenzi, di dolore e di porte chiuse.
Ogni volta che tua figlia o tuo figlio viene da te e ti chiede aiuto, o ti vuole parlare dei suoi problemi, caro genitore come prima cosa ritieniti fortunato. Perché non sempre i figli lo fanno. Quindi quelle poche volte che lo fanno, comincia con l’ascoltarli, senza intervenire, senza interromperli, senza giudicarli: solo ascoltarli a parlare. Perché Questo è veramente un grande passo. ASCOLTARE.
“E poi?”, ti chiederai. E poi, dopo che ti hanno parlato, potresti usare delle “frasi d’invito”. Che cosa sono? Sono quelle frasi che introducono alla conversazione, per esempio “dimmi”, “ti ascolto”, “di che cosa si tratta”, “fammi capire”. Così li inviti ad andare avanti col discorso, a esprimersi con te, ad affrontare la questione, e soprattutto non giudichi.
Ma fai attenzione, perché fanno molta differenza il modo e il tono con cui queste frasi vengono pronunciate, i gesti che le accompagnano, quello che trasmette il tuo corpo. È fondamentale guardare negli occhi i propri figli, avere uno sguardo sereno, sorridente, un tono di voce accogliente. Si devono sentire protetti.
Se hai due orecchie e una sola bocca, vorrà pur dire qualcosa, o no? 🤔
👉In conclusione
I figli, come gli adulti, vogliono essere ascoltati. Certo, crescendo se avranno delle difficoltà non sempre si rivolgeranno ai genitori e forse cercheranno ascolto fuori dalla famiglia. Ma intanto, visto che alla base di una buona comunicazione c’è l’ascolto, se ti vogliono parlare perché hanno dei problemi o per raccontarti della loro vita mettiti in ascolto.
Ed ecco i miei due consigli molto semplici: all’inizio non parlare, ascolta soltanto e poi usa le “frasi d’invito” per proseguire.
Queste frasi le puoi trovare nel libro Genitori efficaci, scritto dallo psicologo americano Thomas Gordon, che ha dedicato la vita a migliorare la comunicazione tra genitori e figli. Questo libro, che spiega bene che cos’è l’ascolto, e che ti consiglio di leggere, è tradotto in otto lingue, utilizzato in trentasette paesi nel mondo, ed è ormai diventato un classico. Questo libro è sempre sul mio comodino.
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